I social sono responsabili per i nostri contenuti?
Tra censura, fact-checking e moderazione.
Buongiorno!
Io sono Marco e questa è Deep in Marketing, la newsletter targata Figaro Digital dove ogni settimana leggi cosa hanno fatto bene gli altri per diventare un marketer migliore domani.
La notizia del cambio di rotta da parte di Meta ha fatto il giro del mondo in poche ore, argomento che ha fatto sentire molto l’opinione degli addetti ai lavori (anche in maniera autorevole), ma poco quella dei veri protagonisti, gli utenti.
Per questo parlerò un po’ con il “noi”, siccome anche io mi inserisco tra quelli che non sono stati così attenti in questi anni.
Quello che è stato
Partiamo dal presupposto che la mossa di Mark Zuckerberg è stata chiaramente politica.
Per quanto vogliano vendercela come finalizzata al miglioramento dell’esperienza degli utenti, non è stata fatta per quello.
Ti lascio qui due link utili di Francesco Oggiano e Riccardo Haupt per informarti meglio su tutto quello che è successo:
Sarebbe inutile ripetere le stesse informazioni che loro hanno già espresso benissimo, anche perché non si può sfidare
su questo campo 😂Quello che possiamo fare oggi è provare a concentrarci sul futuro, analizzando con vena polemica come questi cambiamenti potranno impattare l’utilizzo che ne facciamo dei social.
Quello che sarà
Lo facciamo attraverso quattro domande fondamentali 👇🏻
Ma il programma di fact checking è servito a qualcosa?
Per rispondere bisogna riprendere la fonte ufficiale del Transparency Center di Meta, a cui ti invito anche a dare un’occhiata per capire un po’ che lavoro c’è dietro a quello che vediamo sui social.
Il problema è che tutti siamo colpevoli del bias della disponibilità, ci basiamo su quello che abbiamo davanti agli occhi. Quindi quando scappa un contenuto fuori dalle righe siamo subito lì a redarguire le piattaforme, però non sappiamo quanti contenuti in realtà non sono neanche arrivati alla nostra vista, perché bloccati preventivamente.
Ecco, voglio spoilerarti che si parla di decine di milioni solo nel terzo trimestre del 2024, fai un po’ tu i calcoli.
Giusto per darti qualche dato, sono 11 milioni solo i contenuti attenzionati per la categoria di nudità su Instagram da Luglio a Settembre 2024, e oltre 30 milioni su Facebook.
Ora moltiplicalo per tutto l’anno e per tutte le altre categorie presenti.
Quindi direi che il lavoro implementato negli ultimi anni da Meta è comunque servito a molto, anche se noi non l’abbiamo percepito (ma semplicemente perché non l’abbiamo visto, e non ce lo siamo andati a leggere).
Altro dato molto interessante, è il cosiddetto “Proactive rate”:
Indica la percentuale di contenuti bloccati da Meta rispetto a quelli segnalati dagli utenti. Come puoi ben vedere si tratta di una percentuale ridicola sul totale.
Vediamo un po’ come funzioneranno queste Community Notes 🤷🏻♂️
Se ci indigniamo per X perché non usciamo da Meta?
Come avrai sentito su X ultimamente si è alzato un polverone, fin da quando Elon Musk l’ha preso in mano per rivoltarlo come un calzino.
Grandi firme che abbandonano il social, boom di iscrizioni su Bluesky e su Threads, tutte mosse che non sembrano aver portato ai risultati sperati.
Ora, Zuckerberg ha praticamente ammesso pubblicamente di ispirarsi a Musk, come abbiamo già detto le sue Community Notes dovrebbero essere una copia di quelle che sta provando a testare anche X, gli scandali sull’hate speech e la propaganda politica sono praticamente gli stessi su tutte le piattaforme, però (per adesso almeno) ci siamo indignati per una sola.
Se andiamo ad analizzare il sentiment sotto i commenti del video di Zuck, ce ne sono veramente tanti positivi, anche da parte di creator italiani.
Non c’è stata nessuna rivolta.
Il perché è difficile da comprendere, probabilmente perché ci fa comodo vedere l’universo Meta come più puro, è quello da cui traiamo maggiori guadagni e senza cui molti creator non sarebbero nulla.
Per quanto lo possiamo criticare (soprattutto Instagram), in realtà non lo abbandoneremmo mai, ci sentiremmo persi senza.
I social sono lo specchio della società, ma chi è responsabile dei contenuti pubblicati?
Da quando sono nati, abbiamo sempre visto i social fondamentalmente come un territorio franco, dove si può dire tutto senza subire conseguenze.
Un mondo virtuale, anarchico, usato come valvola di sfogo per curare le tristezze della vita reale.
Quotidianamente vediamo persone sputare odio in maniera gratuita, nascosti dietro un profilo fake o protetti dalla loro tastiera, convinti di poter esprimere le proprie opinioni senza ferire nessuno (perché è un gioco virtuale no? Non è la realtà).
Piano piano ci siamo assuefatti a questa normalità, quindi probabilmente tendiamo a dare più responsabilità alle piattaforme di quelle che realmente hanno.
[È un po’ come quando ci lamentiamo che la nostra città è sporca e ci chiediamo come mai in Norvegia non ci sia una carta per terra.]
È impensabile poter pensare che i vari social possano avere il controllo di ogni post dei propri utenti, quindi per me la soluzione è sempre da indagare nelle persone.
Giusto avere un filtro interno alle piattaforme, poi per quella percentuale fisiologica che sfugge è possibile far affidamento sugli utenti (se questo sono “digitalmente educati”).
Magari una strada potrebbe essere quella di rendere ognuno responsabile, riconoscibile e perseguibile come nel mondo reale.
So che è difficilissimo a livello legislativo, ma ci spero.
C’è differenza tra censura e moderazione?
Censura è un termine che deriva dalla “magistratura del censore” istituita nell’antica Roma più di 2.000 anni fa.
Il ruolo del censore fa pensare subito al censimento della popolazione, ma è così solo in parte, perché i censori avevano un ruolo molto più importante.
Si occupavano della cosiddetta cura morum, la vigilanza sui comportamenti dei cittadini romani. In più, attraverso le loro note censorie potevano punire chi si era reso colpevole di reati immorali, anche tra le più alte cariche dell’impero.
Da questa definizione storica si arriva poi ai giorni nostri, dove non tutti secondo me ne hanno ancora compreso il significato:
Censura non è l’atto di vietare qualcosa, ma è l’esaminazione del contenuto con lo scopo di vietarne ma anche di permetterne la pubblicazione. Il controllo che deve passare il contenuto per rispettare le leggi.
Per moderazione intendiamo, da definizione: porre modo, tenere nella giusta misura, recare al convenevole, temperare, ordinare.
Teoricamente dovrebbe essere un termine più “morbido” della censura, anche perché non fa riferimento al rispetto delle leggi ma più al buon costume della società.
La moderazione dovrebbe guidare, portare ad avere un contenuto più consono, senza per forza vietarne completamente la pubblicazione.
Ne sentiamo spesso parlare sui social, quindi mi sembrava giusto fare chiarezza anche su questo!
Ora però, siccome ne hanno parlato anche troppo gli addetti ai lavori, vorrei sentire anche la tua opinione da utente:
Come hai preso questo cambio di rotta di Meta? Sei d’accordo con l’allentamento delle restrizioni o sei per un controllo maggiore dei contenuti?
Un abbraccio,
Marco, Head of Content
👋🏻
Non dico che sia “positivo”, ma è sicuramente “meno peggio”. Io penso che gli americani non siano particolarmente bravi nella moderazione. Il popolo americano è estremamente polarizzato (sia per la natura bipartitica del Paese, sia per effetto della comunicazione social). Quindi (penso) per loro è davvero difficile una “via di mezzo”. E si è visto con la contrapposizione tra X e Instagram: su X si può dire assolutamente qualsiasi cosa, mentre su Instagram c’è più “moderazione”. Ritengo che il problema della moderazione di Instagram è che è sempre stata estremamente politica, e in particolare di sinistra americana.
Per cui si è creato un sistema di “due pesi e due misure” in cui: dire frasi razziste è sbagliato (ovviamente), ma non se si parla di razzismo al contrario.
Dire frasi misogine è sbagliato, ma non contro gli uomini. Su Instagram finora se scrivevi “tutti gli uomini sono stupratori, mafiosi, fascisti ecc ecc” tutto apposto, se invece “toccavi” una categoria protetta dalla sinistra americana (neri, gay, trans, donne) subito venivi censurato (non è assolutamente mio interesse insultare nessuna di quelle categorie, sia ben chiaro😂). Questa moderazione è sbilanciata, ha legittimato qualunque forma di “odio al contrario”. Quindi a questo punto, se proprio siamo diventati degli esseri carichi di odio e dobbiamo sfogarci sui social, per quanto sia brutto da dire, penso che sia meglio lasciare totale libertà di parola, anche gli “hate speech” razzisti, omofobi, fascisti, suprematisti razziali ecc. (che poi questi è ovvio che vadano “limitati”, ma il problema è che i fan della censura democratica classificano con queste etichette qualsiasi pensiero che sia un minimo divergente).
Penso che i social non possano educare, quindi se manca una vera educazione al dialogo alla base, la censura non limita i danni.
Sono totalmente d’accordo sul fatto che bisognerebbe essere responsabili a livello civile tanto di quello che si dice nel mondo vero tanto nei social, MA in questo caso a giudicare sarebbe lo Stato, e non una piattaforma privata che, in quanto privata, può essere di estrema destra o estrema sinistra a proprio piacimento e dunque NON essere imparziale