Buongiorno e buon ritorno su questi schermi.
Io sono Marco e questa è Deep in Marketing, la newsletter targata Figaro Digital dove leggi cosa hanno fatto bene (e male) gli altri per diventare un marketer migliore.
Se sei qui dopo aver letto la puntata della scorsa settimana hai già fatto i bagagli per il viaggio, per tutti gli altri non posso che dare il consiglio di recuperarla perché ci sono tanti collegamenti con quella di oggi!
Buona lettura 👇🏻
Spero che ormai almeno un concetto fondamentale sia chiaro:
Qualunque soggetto, che sia un’azienda, un’istituzione o una persona, deve fare attenzione al branding.
In quello che potremmo definire branding territoriale, non ci si può nascondere dietro la comunicazione “statale”, c’è bisogno di investimenti e visione strategica anche per i soggetti più piccoli.
E qui entrano in gioco le città.
Questa volta non ci allontaniamo dall’Italia, ti porto con me in due località che non sono in cima a nessuna classifica, ma hanno saputo investire nella loro immagine.
Partiamo dalla più inaspettata, nel profondo Sud, tra l’altro a anche a pochi chilometri dalla nostra sede in Calabria:
Catanzaro
Sicuramente c’è una cosa che non è mancata al Comune di Catanzaro: il coraggio di osare.
La nuova identità (presentata a fine dello scorso anno) è dirompente, distrugge tutti gli schemi istituzionali che eravamo abituati a vedere.
A vederla mi ha ricordato quella realizzata da Pentagram per il governo USA.
Non a caso il lavoro non è stato affidato a un'agenzia, ma a un artista locale, che ha saputo guadagnarsi credito a livello internazionale, Massimo Sirelli.
In questo strano gioco di forme rotondeggianti e colori caldi, c’è un simbolismo particolare per ogni caratteristica autentica della città.
"Il luogo dove tutto si incontra" è il claim scelto per rilanciare il ruolo della città in Italia e, perché no, in Europa e nel Mondo.
Non sarà chissà quanto originale, ma rappresenta in pieno la visione dietro al nuovo progetto: la città dove si incontrano mare e montagna, cultura e innovazione, passato, presente e futuro.
Fa ancora strano pensare come un’innovazione del genere, un caso unico in Italia, venga da una cittadina così piccola della dimenticata Calabria.
Forse è per questo che ancora non ci siamo ancora per nulla abituati e forse è troppo avanti rispetto a quello che i cittadini si aspettavano di vedere.
Può piacere o non piacere (è pur sempre arte), ma apprezzo veramente tanto la scelta innovativa, voto comunque alto.
Jesi
Se prima abbiamo strizzato l’occhio all’innovazione, adesso lo facciamo alla tradizione.
La città marchigiana di Jesi invece ha scelto qualcosa agli antipodi rispetto a quello che abbiamo appena visto.
E attenzione, non è per nulla detto che sia una scelta sbagliata.
Linee pulite, nuovo font molto leggibile e “accogliente”.
Rispecchia perfettamente quello che (almeno da fuori) ti aspetteresti dalla città, una piccolo comune ordinato che vuole valorizzare la sue origini molto antiche.
Il claim anche qui non fa saltare dalla sedia, ma probabilmente non deve, perché per una città a misura d’uomo non ci vuole qualcosa che stravolga, anzi.
Sul design ci sono due aspetti che mi piacciono particolarmente che vorrei farti notare:
La stilizzazione della forma del castello.
Quel punto di fianco al nome.
Uno ha rinnovato l’immagine del comune senza dimenticarne le tradizioni (anche il colore dello sfondo secondo me molto azzeccato), l’altro ha fatto capire ancora una volta come il branding non sia solo design del nuovo logo, ma una filosofia, un racconto che deve essere coerente in tutti i touchpoint.
È un punto fermo, è la città che dice che “non serve altro, ci siamo noi”.
Qui i più attenti, maniaci del design, avranno notato una somiglianza netta con un altro rebranding cittadino: quello di Porto.
Come puoi immaginare, non sono mancate le critiche, non solo sulla bontà del lavoro fatto dall’agenzia LaContent, ma anche sulle cifre spese dal Comune per realizzarlo.
Mi permetto di aggiungere solo due particolari prima di chiudere:
Nessun lavoro è originale al 100%. Tutti prendiamo ispirazione e ci “contaminiamo” in positivo e in negativo, quindi non c’è nulla da scandalizzarsi quando si trovano delle similitudini.
Se il risultato è “semplice” non vuol dire che non ci sia stato dell’impegno dietro. Per esperienza posso dire che rendere qualcosa semplice agli occhi del pubblico è molto più complicato di “spaccare tutto” con qualcosa di diverso.
Viaggio concluso, ma vedrai che non ci sarà neanche il tempo di provare quella nostalgia del ritorno a casa.
Al prossimo giovedì!
Un abbraccio,
Marco, Head of Content @Figaro Digital 👋🏻