🍩 Perché il rebranding di Motta tutto sommato non è male
Che poi non è solo un rebranding, ma molto di più!
Buongiorno!
Io sono Marco e questa è Deep in Marketing, la newsletter targata Figaro Digital dove ogni settimana leggi cosa hanno fatto bene gli altri per diventare un marketer migliore domani.
Ho comprato i nuovi packaging perché mi ha intrigato la nuova immagine aziendale, anche se sul gusto...
Questa estate, quando ci siamo tutti trovati davanti a questo packaging nei supermercati, ci siamo resi conto di due amare verità:
È caduto il mito dei buondì
Motta e Bauli sono la stessa cosa
Ed è così addirittura dal 2009, anche se nessuno se n’è mai accorto.
Almeno fino a quest’estate.
C’è una piccola precisazione da fare: attualmente Motta non è detenuta da un gruppo unico, ma ha due rami aziendali ben distinti.
Infatti, il settore che si occupa dei prodotti dolciari e da forno è di proprietà di Bauli S.P.A., mentre il ramo che produce gelati è stato per molti anni proprietà di Nestlé, per poi essere ceduto a Froneri.
Oggi lasceremo totalmente da parte il ramo “gelati”, che non ha subito cambiamenti 🙂
Cos’è successo
Per decisione aziendale, Buondì e Girella sono passati al brand capogruppo (appunto Bauli), con buona pace di tutti quelli che erano affezionati all’iconico pack azzurro della prima merendina storica di Motta.
E per quanto questo possa lasciare perplessi, la mossa fa parte di una visione strategica complessiva, che coinvolgerà anche il riposizionamento degli altri storici marchi sotto l’ala del gruppo, con un investimento di oltre €80 milioni nei prossimi due anni.
Nel percorso di riposizionamento (perché è questo il termine più corretto, ne parliamo tra pochissimo) Motta va incontro a una grande sfida: passare da essere l’amico di tutti e essere quello che tutti vogliono e ammirano, il brand premium del gruppo.
Ora piccola parentesi per parlare della differenza tra rebranding e riposizionamento (se credi di conoscerla puoi saltare al prossimo paragrafo):
Non c’è una definizione da dizionario, ma nell’interpretazione tecnica il rebranding è la ricostruzione o il cambiamento degli elementi che costituiscono il concetto di brand, tra cui il logo e l’identità visiva.
Questo però non è sempre accompagnato da un riposizionamento, a volte si tratta solo di rifarsi il look.
Nel caso specifico, Motta ha sì fatto ritoccare l’immagine visiva del brand, ma all’interno di un strategia molto più ampia: vuole cambiare completamente la percezione dei consumatori, posizionandosi su una serie di prodotti premium, abbandonando quelli per la massa (per quelli c’è già Bauli).
Come lo sta facendo?
Analizziamone gli elementi distintivi (non tutti riusciti) 👇🏻
Il pack

Il primo elemento che salta all’occhio è sicuramente il cambio del colore principale, dall’azzurro siamo passati al blu scuro.
Vedendoli vicini dovresti notare subito il contrasto nelle emozioni che ti suscitano.
Il nuovo pantone blu ispira molta più fiducia, se prima sembrava molto parlare ai bambini, adesso sta parlando agli adulti, quelli che vogliono mangiare qualcosa di ricercato e raffinato, negli ingredienti e nella preparazione.
In quest’ottica, anche la firma in “gold” fa la sua parte, la foto del prodotto è in primo piano ed vuole esaltare la sua massima qualità, è possibile quasi vedere le increspature dell’impasto.
Inoltre, il nuovo packaging ha portato con sé anche un ritorno alle origini, ricollegandosi alle radici storiche con la città di Milano e al suo simbolo nel mondo: il Duomo.
Per me qui tutto azzeccatissimo.
Il testimonial
Chi meglio dello chef con più stelle Michelin (e anche uno dei più famosi a livello televisivo) poteva rappresentare l’eleganza e l’esperienza sopraffina dei nuovi prodotti?
Con la figura di Bruno Barbieri si va sul sicuro, ha un pubblico affezionato e tutti lo conoscono per essere uno dei più alti rappresentanti della cucina italiana nel mondo.
Direi che in questa pubblicità c’è racchiuso un po’ tutto, se chiedi a qualcuno di immaginare il paradiso della pasticceria probabilmente lo immagina così.
Gli unici dubbi/perplessità sulla scelta di Bruno Barbieri potrebbero essere questi:
Il suo nome non è così legato all’alta pasticceria, sono altri i piatti che lo hanno portato alla ribalta.
C’erano altri pastrychef che potevano rappresentare meglio il riscoperto legame con la città di Milano.
L’evoluzione del logo
I loghi vintage hanno tutto un altro sapore, questo è il primo della storia di Motta:
Questo invece è il primo dopo aver diviso i rami aziendali, dove c’è ancora il rosso e comincia a spuntare l’azzurro:
Ora siamo arrivati a questo:
Bello comunque, ma forse con le linee troppo rotondeggianti, secondo me quelle più spigolose conferivano maggiore autorità e ricercatezza.
Se prendiamo solo in considerazione il pittogramma (ad esempio utilizzato sui social) con quella M, forse è leggermente anonimo e poco rappresentativo.
Sarà che quando vedo una M ho sempre un di nostalgia…
I prodotti
Anche per quanto riguarda i prodotti, c’è stato bisogno di mantenere una certa coerenza con la nuova identità, creando distacco con i prodotti del passato.
Il passaggio necessario è stato il cambio delle ricette, dal pain au chocolat ai panettoni ecc.
Sul sito dell’agenzia Artefice Group, che ha curato anche la veste grafica dei prodotti, troviamo un riassunto perfetto: “Un'armoniosa miscela di tradizione e innovazione, creatività e ingredienti squisiti si uniscono per creare una linea di prodotti completamente nuova che promette un'esperienza gastronomica stellata accessibile".
L’offline
Guarda questa installazione in Piazza della Scala, il regalo di Motta per il Natale:
Non so se qualche mese fa lo avrebbero mai fatto.
Profili social
I social sono (purtroppo) il vero punto debole di tutta questa strategia, almeno fino ad ora.
Su tutti i canali sono praticamente ripartiti da zero, il (nuovo) primo post risale a poco più di un mese fa.
Su Instagram e Tik Tok si alternano post che performano male ad alcuni picchi (probabilmente gonfiati dall’adv) di visualizzazioni.
Sebbene l’engagement rate non sia da buttare via, anzi, non si percepisce in che modo vogliano sfruttare i canali social per il futuro. In più, non c’è un format che crea riconoscibilità.
Paradossalmente il canale dove provano a fare qualcosa di diverso è Facebook, che però è praticamente morto in termini di interazioni, nonostante gli oltre 10.000 follower presenti.
Per chiudere, tutto sommato il percorso tracciato è corretto e coerente, la strategia ha il suo senso e va valutata nel medio-lungo termine.
C’è un piccolo problema però, il riposizionamento può funzionare nel far percepire il prodotto in maniera diversa, ma poi è il gusto a farla da padrone, è soprattutto quello a dover esaltare i consumatori.
Ci riuscirà?
Non sono mai stato un fan di Motta, ma sono stato colpito dal rebranding. Mi ha convinto a dargli una nuova chance, precisamente con il pain au chocolat.
Ti devo confessare che, per essere il primo esperimento, purtroppo non mi ha per niente convinto. Proverò a dargliene anche una terza di chance…
Un abbraccio,
Marco, Head of Content
👋🏻
Molto interessante. Mi ricorda il rebranding di Lavazza (che non ho seguito attentamente, semplicemente come spettatore me lo sono ritrovato improvvisamente davanti)