Buongiorno!
Io sono Marco e questa è Deep in Marketing, la newsletter targata Figaro Digital dove ogni settimana leggi cosa hanno fatto bene gli altri per diventare un marketer migliore domani.
Siamo proprio a ridosso del periodo natalizio, per molti (spero anche per te) domani sarà l’ultimo sforzo prima delle meritate ferie.
La puntata di oggi quindi sarà pratica ma volutamente più corta e leggera 👇🏻
Cos’è l’onboarding e perché dico che è marketing puro?
Il nome prende spunto dal mondo delle risorse umane, precisamente dalla fase post assunzione delle aziende, dove si procede all’inserimento graduale del nuovo dipendente in azienda.
Nel corso del tempo poi il termine è stato preso in prestito anche da altri settori, tra cui anche la vendita di prodotti digitali.
In questo caso parliamo della prima fase del post-acquisto/iscrizione, in cui è fondamentale “attivare” il nuovo cliente.
Di solito noi markettari europei tendiamo sempre a prendere spunto dal mercato americano, quindi oggi ho voluto prendere un caso studio molto particolare e fare (come se fossimo in diretta) un onboarding insieme:
Iscriviamoci al New York Times
Prima nota singolare rispetto a quello che vediamo in Italia, per leggere gli articoli non viene richiesto di accettare i cookie di profilazione, ma la creazione di un account gratuito.
Paradossalmente nella registrazione i cookie sarebbero già compresi, però io ad esempio farei con più voglia questo che l’accettazione obbligatoria. Non vorrei sbagliarmi, ma penso che a livello di percezioni sia una mossa vincente.
L’account lo faccio una volta e me lo tolgo di torno, o almeno così credevo.
Qui ci sono due aspetti interessanti:
Il doppio passaggio per creare la password, che viene staccata dalla mail. Immagino sia per rendere più semplice possibile l’esperienza (intanto ti prendo la mail e poi vediamo).
Il fatto di non aver flaggato di default le opzioni sui consensi alle varie newsletter, per fortuna.
Iniziamo con il primo dark pattern un po’ velato: un “ostacolo” per vendere la sottoscrizione con un forte sconto.
Mi colpisce molto il fatto che non sia tagliato il prezzo come si fa di solito, ma il tempo (un anno invece di 6 mesi), chissà che test ci hanno fatto sopra, ma è qualcosa da cui prendere spunto sicuramente.
Poi ci sono le varie aree di interesse, le newsletter gratuite a cui iscriversi e i giochini quotidiani (su cui il Times punta moltissimo).
Diciamo che è una fase di onboarding abbastanza classica, che comunque però ruba un bel po’ di tempo.
Quando pensi che dopo aver completato ben 6 passaggi possa finalmente cominciare la lettura, ecco che arriva il QR per scaricare l’app e leggere il NYT da mobile.
Per carità, immagino che chi legga da app sia anche più remunerativo nel lungo periodo, ma potevano anche dirmelo dopo.
Ancora un’altra schermata di completamento, che addirittura sembra invogliare a puntare sui giochi piuttosto che sulla lettura.
E alla fine, permettimi di dirlo, ormai dell’articolo che volevo leggere quasi me ne sono dimenticato…
Che pensieri ti sono venuti in mente durante questa esperienza? Si può parlare di una strategia vincente?
Approfitto di questo ultimo trafiletto per lasciarti gli auguri di buone feste da me e tutto il team di Figaro Digital, ci risentiamo presto!🎄
Un abbraccio,
Marco, Head of Content
👋🏻